I cani amano? Odiano? Provano dolore? Da secoli filosofi e scrittori sostengono di sì, e ora anche la scienza si schiera a favore di questa ipotesi.
La dottoressa Patricia McConnell, autrice del libro “For the love of a dog”, spiega che le emozioni sono qualcosa di inafferrabile, ma che si può facilmente osservarne le conseguenze dato che causano nell’individuo variazioni organiche, mutamenti di espressione, e via dicendo. In altre parole, se si prova paura il corpo reagisce con sudorazione, irrigidimento dei muscoli, produzione di adrenalina, dilatazione delle pupille, ecc. Reazioni che in parte notiamo anche nei cani, senza contare che la paura è una delle emozioni base per la sopravvivenza.
Il professore di biologia Mark Bekoff, in “The Emotionals life of Animals”, arriva ad affermare che “argomentare contro l’esistenza delle emozioni negli animali è cattiva biologia.” Questo etologo statunitense ha incentrato i suoi studi proprio sulla vita emozionale degli animali, abbinando l’osservazione sul campo con le ricerche scientifiche nel campo della neurologia e delle scienze comportamentali. Bakoff sostiene che è assurdo non riconoscere un’identità agli animali, considerandoli come individui, personalità ricche, con una mente collegata ad emozioni, esseri senzienti con complesse vite affettive.
Il problema principale, nell’affrontare la questione delle emozioni dei cani (ma anche di altri animali), resta quello della dimostrazione. Un essere umano parla, quindi è in grado di comunicare con dovizia di particolari ciò che prova, e di discuterne con i propri simili. Un cane, invece, non può farlo. In realtà, non è del tutto vero, dato che anche i cani utilizzano forme di comunicazione proprie, come l’abbaiare o la gestualità del corpo (in particolare lo scodinzolare), ma sono certo meno sofisticate della parola, talvolta poco comprensibili dagli uomini e, soprattutto, scarsamente considerate da questi ultimi su un piano scientifico. Uno scienziato, Gregory Berns, ha pensato di risolvere il problema con un’esperimento semplice e complesso al medesimo tempo. Questo neuroscienziato americano per determinare l’esistenza e il tipo di sentimenti dei cani non si è basato sui comportamenti degli stessi, ma sull’attivazione di zone del cervello, comparando i dati con quanto avviene nelle persone. Per farlo, Berns ha dato vita al “Dog Project” e per circa due anni ha sottoposto dei cani a delle risonanze magnetiche, con l’obiettivo di comprendere quali parti del loro cervello si attivano in seguito a stimoli precisi. Partito con due cani appartenenti alla sua famiglia, ha allargato il numero di animali fino ad arrivare a una dozzina. La cosa più difficile è stata “convincere” i soggetti a effettuare il test. I cani volontari non erano né sedati né legati, altrimenti non sarebbe stato possibile studiare le funzioni di un cervello, soprattutto quelle attinenti la percezione e le emozioni. Tutti i proprietari dei cani sottoposti allo studio avevano la facoltà di abbandonare il test in caso di manifestazione di disagio del cane. È stato quindi utilizzato un addestratore per insegnare ai cani a entrare nel tunnel della risonanza magnetica e a rimanere perfettamente fermi per circa trenta secondi all'interno, senza essere spaventati dai rumori del macchinario. Dopo mesi di allenamento, prove ed errori, Berns è riuscito a tracciare le prime mappe cerebrali dei cani e a paragonarle con quelle dell’uomo. Nell'uomo si illuminano alcune parti cerebrali in associazione a sentimenti di piacere o in anticipazione di determinati eventi (cibo, amore e denaro). La parte cerebrale interessata è il "nucleo caudato" che è situato tra il ponte e la corteccia cerebrale. Lo stesso avviene con i cani, il cui nucleo caudale si attiva in presenza di cibo, o al sopraggiungere del proprietario oppure in presenza di odori umani, in pratica ogni qualvolta sono sottoposti a stimoli positivi, dimostrando che possono provare esperienze emozionali e che hanno un livello di sensibilità comparabile a quella di un bambino.
Berns ha anche scritto un libro sull’argomento, “How Dogs Love Us”, nel quale ha intrecciato le esperienze quotidiane con i cani di famiglia con la suddetta ricerca, creando un testo di divulgazione di facilissima comprensione. Inoltre, si è posto una domanda: “Che cosa pensano gli animali?” La risposta è tutto sommato semplice: “Pensano quello che noi pensiamo”, ovvero non solo provano le nostre stesse emozioni, ma spesso le condividono, grazie a un legame con gli esseri umani sviluppato nel corso dei millenni.
C’è poi la “questione” chimica, troppo complessa per essere esaurientemente trattata in questa sede, ma che necessita almeno di un accenno. Se le nostre emozioni sono frutto di reazioni chimiche che avvengono nel nostro cervello e nel sistema nervoso periferico, e se i cani “funzionano”, da un punto di vista chimico, all’incirca come gli esseri umani, perché non dovrebbero aver una sfera emotiva simile alla nostra? L’emissione della serotonina (neurotrasmettitore che nel sistema nervoso riveste un ruolo centrale nella gestione dell’umore) è tipica degli esseri umani come dei cani, giocando per entrambi un ruolo fondamentale nella regolazione delle emozioni.
Tutte queste disquisizioni scientifiche, per quanto estremamente importanti, appariranno tuttavia superflue a chi vive con un cane. Qualsiasi essere umano che abbia stretto un rapporto non superficiale con questi splendidi animali, affermerà con certezza che basta guardarli con attenzione negli occhi o osservarne i comportamenti per comprendere immediatamente quante emozioni passino per la loro testa.
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